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mostra  11.10.04
P. CANO " LE CITTà INVISIBILI" DI ITALO CALVINO

Pedro Cano " Le città invisibili" di Italo Calvino

mercoledì 20 ottobre – domenica 21 novembre 2004

Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Soprintendenza Speciale alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna

MUSEO HENDRIK C. ANDERSEN

Il pittore Pedro Cano, nato nel 1944 a Blanca (Murcia) nel sud della Spagna e attivo da trentacinque anni in Italia (vive e opera ad Anguillara), espone un suo recentissimo lavoro costituito da cinquantacinque acquarelli ispirati al libro di Italo Calvino, "Le città invisibili" , che - dopo la presentazione nella terra d’origine dell’artista, a Murcia - arriveranno per la prima volta a Roma nei suggestivi spazi del Museo Andersen, dal 20 ottobre al 21 novembre di quest’anno.
La gestazione dell’opera risale a circa quattordici anni fa, quando la moglie dello scrittore regalò all’artista spagnolo, di cui aveva potuto ammirare la grande sensibilità pittorica, la prima edizione delle Città invisibili (1972). Dalla lettura ripetuta e meditata del libro di Calvino, dove Cano si trovò a scoprire sorprendenti affinità con i suoi « quaderni di viaggio » frutto dell’esperienza del suo peregrinare attraverso i paesi del Mediterraneo, scaturirono nel tempo gli acquarelli oggetto della mostra. Questi non vanno interpretati come una semplice raccolta di illustrazioni di luoghi visitati, nati dal dialogo diretto dell’artista con la realtà, ma piuttosto come immagini suggerite dalla voce stessa di Calvino che nel suo libro percorre cinquantacinque città del mondo dando a ciascuna di esse un fantastico nome di donna : Diomira, Isidora, Dorotea, Zaira...
Pedro Cano usa la tecnica a lui congeniale dell’acquarello, su carta lavorata a mano delle dimensioni di trenta centimentri per cinquanta ; sul margine destro di ciascuno dei fogli appone due segni che corrispondono all’iniziale del nome della città in due alfabeti antichi.
E’ in corso di stampa la pubblicazione dell’intera serie dei cinquantacinque acquarelli, corredata da testi di Francisco Jarauta, Franco Marcoaldi, Mercedes Monmani.
La mostra è posta sotto il Patrocinio del Comune di Roma.

Testo di Pedro Cano

In un pomeriggio di marzo del millenovecentottantaquattro conobbi Italo Calvino. Inauguravo quella sera una mostra alla Galleria Giulia di Roma e prima che cominciasse ad arrivare la gente apparve lo scrittore accompagnato da una donna con gli occhi del colore del mare.
Non so se più sorpreso o felice mi avvicinai per ringraziare il maestro che mi confessò di essere venuto per un manifesto che annunciava la mostra con delle immagini di asparagi e finocchi e aveva avuto la curiosità di conoscere chi li aveva dipinti.
Come succede normalmente quando si incontra una persona speciale non trovai le parole per comunicargli la mia gioia. Lui sì, le trovò, e le ricordo ancora con enorme affetto. Parlammo mescolando l’italiano con lo spagnolo che sua moglie Chichita parlava con una intrigante cadenza argentina.
Poco dopo me ne andai a vivere a New York e l’anno seguente Italo Calvino moriva nel mese di settembre.
Di ritorno da New York dopo cinque anni esposi a Roma sul finire dell’89 i lavori fatti in America e di nuovo riapparve in Galleria la signora dagli occhi marini. Chichita era accompagnata dalla traduttrice in spagnolo di Calvino, Aurora Bernardez, moglie di un altro mostro della letteratura contemporanea, Julio Cortazar.
La signora Calvino acquistò alcuni lavori, vedute eseguite sul terrazzo del mio piccolo attico nell’ East Village e mi regalò un esemplare della prima edizione de “Le città invisibili” suggerendomi di leggerlo con attenzione e trarne materiale per la mia pittura.
Devo confessare che l’enorme ricchezza di quel libro mi creò in principio grandi problemi, perché mi riusciva difficile concretizzare in immagine il rutilante caleidoscopio che ognuno dei luoghi descritti evocava ai miei occhi.
Ho portato per anni con me, nei miei viaggi, questo piccolo libro e cominciai a riempirne gli spazi vuoti con schizzi che a poco a poco mi collocavano in quella geografia di luoghi inediti che tanto mi ricordavano altri luoghi visitati nel mio lungo deambulare per il mondo e che sempre avevo cercato di catturare nei miei quaderni di viaggio.
Tre anni fa decisi infine di ordinare quel groviglio di segni e cominciò a delinearsi l’idea di questo lavoro: fare una specie di quaderno di viaggio con immagini suggerite non dai luoghi ma dalle descrizioni che ne fà un’altra persona; nel mio caso dalla parola di Italo Calvino.
Mi lasciai così portare a DIOMIRA, la città dalle infinite cupole e con statue di bronzo di tutti gli dei. Arrivai ad ISIDORA, dove i palazzi hanno scale a chiocciola incrostate di chiocciole marine, e DOROTEA con le quattro torri e ZAIRA dalle immense scalinate.
Andai ad ANASTASIA dove le donne nude ti chiamano per immergerti con loro nell’acqua, e a TAMARA, città dove non sono gli scritti ma le figure ad informare degli usi dei luoghi fino ad arrivare a ZORA, che fu un tempo come una partitrura musicale, ma poi, per il suo immobilismo, scomparve.
Ho dovuto decidere se arrivare a DESPINA per terra o per mare, ho passeggiato per le strade di ZIRMA, tra marinai che si tatuavano città sul corpo, fino ad arrivare a ISAURA, la città dei mille pozzi.
Dispiegai le vecchie cartoline di MAURILIA e conobbi la grande sfera azzurra di FEDORA. La geometria di ZOE e le palafitte di ZENOBIA entrarono nel mio percorso e mi avvicinai a EUFEMIA per controllare le barche che arrivano con tessuti e partono con spezie. ZOBEIDE mi illuminò di luce bianca, con le sue strade che girano come fili di un gomitolo e arrivai ad IPAZIA attratto da un giardino di magnolie.
ARMILLA mi aspettava con l’incertezza se fosse in costruzione o in demolizione, alla vista dei suoi tubi, lavabi e vasche. A CLOE’ i suoi abitanti non tengono contatti, però un ventaglio seduttore ricorda gli sguardi fatti di stelle triangoli e frecce.
Ho visto due città a VALDRADA, la vera e la riflessa come una immagine gemella, e ho sentito il rumore dei mulini ad acqua che parlavano dell’operosità di OLIVIA. SOFRONIA viaggia una volta all’anno, non tutta, ma la parte più stabile (monumenti, industrie, chiese); la parte fragile (il circo, le giostre, le cabine) rimane triste in attesa che l’altra metà torni ad essere installata.
EUTROPIA viene usata a pezzi dai suoi abitanti, che ogni tanto si muovono abbandonando interi quartieri e occupandone altri anteriormente abbandonati. ZEMTRUDE si presenta luminosa o triste a seconda dell’umore del visitatore e AGLAURA, che in principio sembra una città senza incanto, in certe ore si rivela come un luogo incomparabile. OTTAVIA è come una tela di ragno che rinchiude il tracciato della città dove nacque Marco Polo.
Fui attratto dal paesaggio di ERSILIA con i fili che comunicano relazioni e cambiamenti e di BAUCI dove nessuno ha visto i suoi abitanti che sembra che vivano in alto, tra le nuvole.
Nelle cucine di LEANDRA si nascondono i folletti che vegliano la felicità familiare e a MELANIA una rappresentazione teatrale ti aspetta nella piazza della città.
A SMERALDINA la linea più breve tra due punti non è la retta, ma il zig-zag, potendo utilizzare la barca per percorrerla. Il sapore della laguna è anche nelle finestre traforate di FILIDE, e il vento muove le pale dei mulini di PIRRA alzando a sua volta una leggera polvere paglierina.
Ad ADELMA ho avuto paura. Tutta la gente che incontrai mi ricordava persone che erano morte anni prima, e a EUDOSIA imparai a memoria l’enorme tappeto che raccontava la morfologia della città.
MORIANA appare come una città perfetta anche se alle sue spalle contiene il reverso più scuro. Però è così magra che non si può separare una parte dall’altra.
Secondo un ciclo naturale del riciclaggio a CLARICE si piantano le piante aromatiche nelle vecchie urne cinerarie e a EUSAPIA un esercito di incappucciati ricompongono nei sotterranei della città scene di vita quotidiana con i cadaveri.
A BERSABEA un museo di immondizie fa scoprire la bellezza di un bottone usato o di un ombrello rotto, e a LEONIA non sanno che fare dei rifiuti che scaricano ogni volta più lontano dalla città assediata.
Soltanto da lontano si può vedere IRENE, e solo ad una determinata ora del giorno, quando cade il sole.
Di ARGIA si dice che invece di aria la gente respiri terra. TECLA, come se si trattasse della tela di Penelope, non arriva mai alla sua conclusione, e TRUDE si può vedere scritta dall’alto in grandi lettere che ti dicono dove sei arrivato, dato che l’aeroporto è uguale a quello da cui sei partito.
A OLINDA si deve arrivare con una lente di ingrandimento per individuare l’infinito, minuscolo universo che racchiude. LAUDOMIA è come una grande clessidra che contiene nei suoi due spazi tutti i suoi abitanti vivi e morti.
PERINZIA fu progettata in modo che l’equilibrio fosse il fulcro del suo urbanismo e della sua vita. Però i saggi non capiscono come adesso la città perfetta generi solo mostri.
A PROCOPIA, arrivando nella camera della locanda e aprendo la tenda un paesaggio incantato ti aspetta e a RAISA raccolsi la piuma di un passero che è stato messo in libertà.
ANDRIA, costruita secondo le stelle, ogni tanto viene modificata. Dicono che parallelamente anche il firmamento muti.
Camminando per CECILIA ritrovai un vecchio pastore perdutosi nel centro della città con le sue capre e le pecore.
MAROZIA è retta dall’alternanza di due animali: il topo e la rondine. E a PENTISELEA non sai se sei dentro alla città o se ancora non sei arrivato, così vasta e così poco chiara è la sua ubicazione.
Dopo aver eliminato tutti gli animali e aver conservato solo una loro memoria in una infinità di volumi di storia naturale, a TEODORA le bestie tornavano alla vita dalle pagine dei libri.
Fino ad arrivare a BERENICE, la città della giustizia con la bellezza bendata e la bilancia simbolo dell’equilibrio.
Essere condotto da Calvino in questi luoghi e dare a mia volta colori e forma a paesaggi ed atmosfere, oggetti e luci che vengono dalla memoria della mia pittura e dalle mie esperienze personali, è stata una delle avventure più intense della mia vita.
Ho usato cinquantacinque fogli di carta fatti a mano e, come unica fonte di colore, l’acquarello.
Alla destra di ogni immagine due lettere (che corrispondono all’iniziale di ogni nome - città - donna) estratte da alfabeti per la maggior parte antichi, stanno a testimoniare come due segni assolutamente diversi hanno lo stesso suono.
Sarò eternamente riconoscente a Chichita Calvino per aver messo nelle mie mani “Le città invisibili” che è stato il porto di partenza per questo viaggio indimenticabile.


Orario: tutti i giorni 9.00 – 19.30; lunedì chiuso
Ingresso: gratuito

Museo Hendrik C.Adersen
Via S.P. Mancini 20 – 00196 Roma
Tel. 063219089/ 32298302
Email: edimajo.gnam@arti.beniculturali.it

Ufficio Stampa: Daniela Ruzzenenti tel. 066877603 email: danielaruzze@tiscalinet.it