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  22.03.03
ARCHITETTURA SU INTERNET: TEMPO DI BILANCI?
Il 1995 e’ stato, secondo Nicholas Negroponte, l’anno della rivoluzione digitale, e proprio nel 1995 nasceva architettura.it, una rivista digitale di architettura tutt’ora on-line.

Tra i primissimi siti italiani on-line in assoluto, non solo specifici sull’architettura, Arch’it ha avuto il merito di essere la prima, che spesso su internet costituisce un vantaggio quasi irrecuperabile per i “competitors”. Oltre a questo e’ stata capace di presentare un contenuto all’epoca nuovo per il pubblico italiano e che non trovava spazio sui normali canali di informazione.

Il tempo pero’ passa e quelli di architettura.it sembrano non essersene accorti. La veste grafica immutata da anni e’ solo il minore dei mali, visto che pur non essendo all’ultimo grido e’ funzionale. Il problema piu’ evidente di Arch’it e’ l’obsolescenza dell’impianto e la totale mancanza di interattivita’, ridotta a recapiti email infondo agli articoli. Da una rivista che promuove la ricerca sul digitale, in cui moltissimi articoli si sperticano nelle lodi delle possibilita’ comunicative della rete e delle comunita’ virtuali, e’ lecito aspettarsi molto di piu’. Arch’it si pone quindi in un limbo tra una pagina internet rimasta alla tecnologia del ’95 e una rivista stampata con la quale, com’e’ noto, e’ difficile interagire, questo ovviamente con grande danno alla credibilita’ della sua posizione culturale.

Tra le iniziative piu’ recenti c’e’ architecture.it diretta da Furio Barzon. Beh che dire, tecnicamente e’ anni luce avanti ad Arch’it, ma come molti siti hanno insegnato nella, seppur breve, storia di internet, una bel pacchetto non fa un bel regalo. Architecture.it e’ infatti dotata di molti strumenti interattivi (assolutamente sotto utilizzati) ma purtroppo non ha contenuto e si e’ caratterizzata nel corso del tempo piu’ come un agente di public relations piuttosto che come una vera e propria iniziativa editoriale e/o culturale. Se Arch’it e’ paragonabile all’informazione istituzionale di un quotidiano come il Corriere della Sera (nella forma), architecture.it e’ un tabloid inglese che vende il 95% delle copie solo grazie alla foto in copertina (e da u po’ di tempo, scrivo alla data del 21 marzo 2003, neanche quelle visto che da piu’ di un mese la foto in copertina e’ sempre la stessa…)

Apparentemente la soluzione al problema potrebbe essere la fusione di architettura.it e architecture.it in un’unica rivista…non e’ cosi facile.

Se e’ vero che una tecnologia un po’ piu’ avanzata farebbe comodo ad Arch’it e una massa un po’ piu’ consistente di materiale farebbe comodo ad architecture.it , e’ altrettanto vero che il problema non e’ ne quantitativo ne’ esclusivamente tecnologico. Il nodo cruciale sono sempre le PERSONE.

Arch’it non ha strumenti interattivi perche’ alle persone che la gestiscono non interessa l’interattivita’. Parlano si di comunita’ virtuali servendosi dei loro esperti di settore, parlano della rivoluzione informatica, ma la verita’ e’ che non sono interessati a nessun tipo di interazione con chi legge le loro pagine.

Il motivo di cio’ e’ presto detto: voi avrete sicuramente letto Casabella. Con Casabella potete interagire? No, e allora cosa vi lamentate, perche’ dovrebbe essere possibile commentare al volo un articolo su architettura.it? Il modello editoriale a cui Arch’it si rifa’ e’ la rivista tradizionale, non perche’ Marco Brizzi sia un sentimentale della cellulosa, semplicemente perche cosi’ e’ molto piu’ facile controllare le cose. Hey ma “controllare le cose” non e’ il contrario di quello che professa Marshall McLuhan che e’ citato un giorno si e un giorno anche dall’esperta intervistatrice ufficiale di Arch’it Maria Luisa Palumbo? Un conto e’ quello che si dice, un altro quello che si fa, come Casabella appunto.

Per quanto riguarda architecture.it un po’ piu’ di contenuto certo gli farebbe bene, ma come abbiamo gia’ detto il problema vero sono le persone che stanno dietro queste iniziative. Furio Barzon e’ persino arrivato a pubblicare un mio progetto (cosa che Arch’it, in linea con il suo controllo ferreo sulla qualita’ delle pubblicazioni non ha mai fatto). E questo, evidentemente, tanto per far numero, visto che il progetto gli faceva pure schifo, e visto che si e’ astenuto dal fare qualsiasi commento critico e dal discutere il progetto sul SUO “forum permanente per l’architettura digitale”, sul SUO sito per “mancanza di tempo”.

Per Marco Brizzi l’importante e’ fare “elite” per Furio Barzon e’ fare numero. Fare qualita’, innovazione e soprattutto mettersi in discussione e’ una cosa che non interessa nessuno dei due. Quello che gli interessa veramente e’ il potere, ma il potere di fare cosa? Questo per ora non e’ dato sapere.

E allora persino la pagina di Antonino Saggio, da orticaria per chiunque abbia mai scritto un pezzo di codice HTML, lunga (l’ho misurata) 17329 pixel, dove i filmati QT sono da 80Mb senza essere ottimizzati per lo streaming neanche con connessioni superveloci… beh e’ comunque lodevole perche’ almeno e’ onesta, e come le persone che conoscono internet sanno, l’onesta e’ cio’ che paga, se cosi si puo’ dire, in rete. Da lui ci si aspetterebbe comunque di piu’, ma, come diceva sempre la mia professoressa di matematica, in un mondo di ciechi anche chi ci vede da un occhio solo sembra un fenomeno.

Saluti,
enricogbotta.com

PS: gli accaniti navigatori/architetti italiani avranno notato che non ho citato altre iniziative abbastanza conosciute: antithesi, channelbeta e lo stesso newitalianblood (che ringrazio per ospitare questo scritto). Alle persone che hanno ideato e che gestiscono questi siti va la mia stima e supporto.