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Ciro Lomonte  c.lomonte@awn.it
esperto di architettura per la liturgia  09.08.07
Mostra Crucis Mysterium
A Loreto, presso la Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico, proprio accanto al Santuario della Santa Casa, è stata inaugurata il 9 giugno la mostra "Crucis Mysterium - Il Mistero della Misericordia".
Sono esposte opere di una settantina di artisti italiani e stranieri: forte, in particolare, la presenza di artisti austriaci (24) e croati (3). C'è anche una pittrice irlandese. La loro presenza non è casuale, ma è espressione di una realtà associativa che ha visto la nascita di alcune importanti realtà associative: "Il Baglio" in Italia, "Imago" in Austria, e "Imago Spalatensis" in Croazia che, insieme alla francese "Abbaye Blanche" e alla spagnola "CIDI Ayuntamiento de Espartinas", hanno dato vita alla realtà internazionale "Imago Unitatis", che gode del riconoscimento della Pontificia commissione per i Beni culturali.
La mostra, il cui allestimento è curato dall'architetto Maurizio Bellucci, è stata realizzata in collaborazione con il centro culturale "Charles Peguy" di Recanati, con il patrocinio della Pontificia commissione per i Beni culturali della Chiesa, della Regione Marche e di altri enti locali e privati, sia italiani che austriaci. Il catalogo è già in distribuzione.
La chiusura della rassegna è prevista, salvo possibili prolungamenti, il 4 novembre prossimo, dunque dopo la visita di Benedetto XVI a Loreto.
Nella prima sala della mostra è possibile visionare un documentario in cui sono illustrate due opere di architettura, di cui qui si descrive quella siciliana.



DIOCESI DI MONREALE
PARROCCHIA DI MARIA SS. IMMACOLATA
SANCIPIRELLO (PA)

RIDISEGNO DELL’AREA PRESBITERALE

Principi generatori
Un elemento interessante per la riqualificazione della chiesa di Maria SS. Immacolata a Sancipirello è l’orientamento. L’asse longitudinale è ruotato di 30° verso sud rispetto all’est geografico. Ciò comporta che il sacerdote celebra la messa rivolto al punto della valle dello Jato da cui il sole sorge all’alba del 25 dicembre, mentre l’abside accoglie il tramonto del 24 giugno.
Non è dato di sapere se questa sia stata una precisa scelta originaria, in quanto la chiesa è inserita disciplinatamente nel reticolo ippodameo del paese. Tuttavia risulta estremamente affascinante questa disposizione verso la janua coeli.
L’asse ingresso-abside e i punti cardinali sono stati impiegati come geometrie di base della progettazione.
Il vano del presbiterio leggermente più largo che profondo, è stato regolarizzato inserendo due campi laterali in modo da ottenere un quadrato di base, nel quale è stato iscritto un cerchio.
Quest’ultimo è stato suddiviso in settori di 15°, in maniera da formare una stella a dodici punte, evidenziata da lastre di marmo di colore differente.

Verso gli astri
La stella di base riflette quella del controsoffitto a gradoni dorati, con l’intenzione di evocare la liturgia della Gerusalemme celeste.
Il lato verso l’abside è chiuso da una parete rivestita di legno che accoglie la sede e i posti a sedere dei ministranti. Si è scelto di utilizzare la profondità eccessiva del presbiterio e la sua spazialità facendo riferimento alla distribuzione di alcune chiese monastiche. Solo che in questo caso nella zona absidale è stata posta la sagrestia invece degli stalli dei monaci.
La stella che segna la centralità del presbiterio si interseca con un’altra stella a dodici punte con centro sotto l’arco trionfale, dove è stato collocato l’altare, vero fulcro della composizione.
In tal modo le due stelle formano un insieme di ventiquattro spicchi intersecatesi, che rimandano ai vegliardi dell’Apocalisse.
Un’ulteriore stella viene realizzata a pavimento nella sagrestia, coperta da un nuovo catino absidale che rende più proporzionate all’insieme le due enormi vetrate esistenti.
I nuovi varchi creati nel muro in corrispondenza della sagrestia consentono percorsi brevi fino agli spazi della celebrazione o, all’occorrenza, processioni solenni d’ingresso.

L’altare
Il Concilio Vaticano II insegna che la Messa è centro e radice della vita del cristiano. Allo stesso modo l’altare deve essere il centro dello spazio liturgico, non soltanto del santuario che lo accoglie, ma dell’edificio di culto intero.
Sono molte le metafore con cui la Tradizione, a cominciare dai Padri della Chiesa, guarda all’altare. Senz’altro esso ricorda la mensa attorno alla quale si svolse l’Ultima Cena. Però l’altare è l’ara su cui viene rinnovato il Sacrificio della Croce e si verifica l’evento prodigioso della transustanziazione. Gesù Cristo, che si è davvero incarnato assumendo la natura umana – anima e corpo –, è misteriosamente sacerdote, vittima e altare del suo stesso Sacrificio.
Il parroco ha chiesto un altare simile a quello realizzato nella chiesa di S. Giuseppe a Malpasso, con un disegno cristologico che faceva riferimento insieme alla radice di Jesse e alle linee architettoniche del Duomo di Monreale.
In questo caso è stato scelto un basamento di dodici fusti semicircolari e di altrettanti pannelli. Nella sfida con i profeti di Baal, Elia ricostruì l’altare del Signore con dodici pietre, secondo il numero delle tribù. Le mura della città di Dio poggiano su dodici basamenti, su cui sono scritti i nomi dei dodici apostoli. Il Corpo Mistico è unito al suo Capo nell’offerta al Padre del sacrificio del calvario, rinnovato in ogni messa con l’aiuto dello Spirito Santo.
Sulla superficie piana superiore sono incise cinque piccole croci, che servono per la dedicazione. La tovaglia dovrà evocare una sindone sepolcrale, cioè avere la forma di un lenzuolo che penda dai lati e non di una tovaglia da mensa.
L’insieme è un blocco chiuso, costruito con pietra bianca di Comiso.

L’ambone
L’ambone ha conosciuto secoli di abbandono, soprattutto dopo il Concilio di Trento. Ai nostri giorni la riforma liturgica tende a riproporlo, anche se non c’è ancora pieno accordo sulla forma da dargli.
Alcuni vorrebbero rielaborare i tipi medievali, adattandoli alla liturgia odierna e alla sensibilità artistica contemporanea. Altri vorrebbero dare risalto a una tribuna elevata e solenne, ma non carica del significato simbolico originario.
La tribuna per la proclamazione del vangelo è congegnata come le architetture evocative del sepolcro vuoto, in auge nel medioevo. Il diacono che canta l’Exultet nella veglia pasquale rappresenta l’angelo, seduto sulla pietra, che dà l’annuncio della risurrezione di Gesù alle donne che giungono la mattina del primo giorno per ungere il corpo del Signore.
Sopra una base a forma di sperone roccioso si erge una costruzione con un vano aperto, la cui profondità è rimarcata dalla pietra lavica. La cavità buia è il vuoto lasciato dal Signore della vita, che non poteva restare preda della morte.
Il resto è tutto in pietra bianca di Comiso, anche il cosiddetto gobel, la lastra che chiudeva le sepolture ebraiche, rappresentata da una grande macina appoggiata al basamento come se fosse appena rotolata via dall’apertura del sepolcro.

Il leggio
Sull’altra estremità della gradinata di accesso al presbiterio è previsto un leggio di legno per le letture e il salmo. Sul fronte due cerchi con due Tau iscritte, una verso l’alto l’altra verso il basso, ricordano i giusti dell’Antico Testamento che sospirano per l’avvento della giustizia.
Un criterio che ha guidato la progettazione di questo elemento è stato il desiderio di distinguerlo bene dall’ambone. A quest’ultimo deve avere accesso soltanto il sacerdote.
Uno dei grandi portati del Concilio Vaticano II e della conseguente Riforma liturgica è stato quello di far partecipare attivamente i laici alla liturgia, la cosiddetta partecipatio actuosa.
Bisogna fare attenzione però a non travisare le intenzioni del Concilio clericalizzando i laici. Occorre mantenere chiara la distinzione tra sacerdozio ministeriale, proprio di coloro che ricevono il sacramento dell’Ordine, e sacerdozio comune dei fedeli.

La croce
Il crocifisso esistente è montato su una croce imponente, di nuova fattura, collocata sulla parete di separazione fra presbiterio e sagrestia in corrispondenza della sede.
Si intende così esaltare il Signore inchiodato sulla croce sfruttando la spazialità e la luminosità dei due vani.
Data la grandezza e il peso della scultura in legno è stato previsto un pilastro rivestito a sua volta di legno. La base evoca il Calvario, diviso in quattro settori perché la croce che si erge su di esso è l’albero della vita che si trovava al centro del Paradiso. Gesù ne ha riaperto le porte con la sua Passione, Morte e Risurrezione. Dalle radici dell’albero della vita hanno ripreso a sgorgare i quattro fiumi dell’Eden (Pison, Ghicon, Tigri ed Eufrate), che portano la sovrabbondante grazia della Redenzione ai quattro punti cardinali della terra.
Tutto ciò sarà a tutti evidente nella Gerusalemme celeste. Mi mostrò poi un fiume d’acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni.

Il linguaggio moresco
Le immagini del progetto attestano in modo inequivocabile una scelta formale: impiegare le forme dell’arte moresca, il cui vertice è costituito dall’Alhambra di Granada.
Le geometrie ripetute nella pavimentazione, nella copertura, negli archi, nelle sedute, la cui base principale ma non unica è l’esagono, servono a inserire il nuovo presbiterio nelle proporzioni della chiesa esistente.
Questa soluzione, lungi dal proporre sincretismi religiosi impossibili, è intesa a decorare significativamente il luogo senza ricorrere a sculture e pitture, data l’esiguità delle risorse economiche a disposizione, recuperando il patrimonio locale legato alle edificazioni islamiche e normanne. Dal simbolo nasce la forma. Gli occhi proporranno alla mente delle forme aggraziate, con molteplici livelli di comprensione. Più verrà penetrato il senso più si godrà dell’insieme e delle singole parti.



Ciro Lomonte e Guido Santoro, architetti

I due progettisti palermitani, dopo una fase iniziale dedicata ad una pianificazione urbanistica attenta alla scala architettonica, messa alla prova fra l’altro nella redazione del Piano di Recupero del centro storico di Erice (TP), hanno preferito dedicarsi ad una clientela di privati che consentisse la cura artigianale dei dettagli architettonici.
Nel 1988 hanno intrapreso l’attività di ricerca e progettuale nel settore dell’architettura per il culto. Lomonte ha pure curato l’edizione italiana di una monografia sul tema, STEVEN J. SCHLOEDER, L’Architettura del Corpo Mistico, Progettare chiese secondo il Concilio Vaticano II, L’Epos, Palermo 2005.
Sono numerosi gli adeguamenti liturgici che hanno già realizzato, di cui il più completo è quello della parrocchia di Maria SS. delle Grazie a Isola delle Femmine (PA).
Da una visione progettuale attenta ad ogni singolo elemento, discende l’interesse per la realizzazione di suppellettili per il culto in metalli preziosi, che si avvale della presenza a Palermo di alcuni dei migliori maestri artigiani dell’argenteria sacra. L’amicizia instauratasi con questi artisti ha fornito loro gli spunti adeguati anche per dare vita a una vera e propria scuola di argentieri ed orefici.