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GABRIELE DEL MESE
Ingegnere
28.01.17
I CONCORSI E LE COSTRUZIONI IN ITALIA
LE COSTRUZIONI IN ITALIA E LA PRATICA DEL CONCORSO DI PROGETTAZIONE
RIFLESSIONI E PROPOSTE
Gabriele Del Mese, fondatore Arup Italia
Premesse
Il sistema delle gare e concorsi di progettazione per la costruzione delle grandi opere pubbliche in Italia ha raggiunto limiti di credibilità e affidabilità a dir poco preoccupanti oltre i quali ci potrà essere solo la paralisi totale.
La figura del ‘developer’ o imprenditore privato è praticamente assente in Italia e sarebbe interessante chiedersene il perché. Di regola in Italia le grandi infrastrutture e la quasi totalità delle Opere Pubbliche vengono commissionate dallo Stato attraverso le sue molteplici ramificazioni amministrative che saranno poi i diretti clienti sia dei progettisti che delle imprese. Apparentemente questo dovrebbe essere garanzia di qualità delle opere e correttezza sia per i controlli che per il flusso dei pagamenti. La realtà purtroppo è troppo spesso lontana da questi ideali. È risaputo che la reputazione del sistema Italiano di gestire i lavori pubblici, dalla progettazione al completamento della costruzione, fatica ad ottenere simpatie in campo Europeo.
Basti pensare ai seguenti scenari, tutti possibili e purtroppo ricorrenti, che riguardano ‘chi ha la sfortuna’ di vincere un concorso pubblico in Italia:
• Il rimborso della fase progettuale dei concorsi pubblici generalmente non copre le spese di progettazione di un team multi disciplinare;
• Quasi sempre si è pagati poco, male e dopo troppo tempo;
• Chi vince un concorso di opere pubbliche in Italia, specie se straniero, si ritrova ad affrontare una complessità gestionale ed un percorso burocratico da incubo;
• Se il lavoro vinto è complesso, le amministrazioni possono inventarsi e imporre un 'appalto integrato' grazie al quale, ad un certo punto del percorso, i progettisti originali vengono legalmente (!) cacciati e si regala il progetto all'impresa che con i suoi tecnici assoldati ne può fare quello che vuole;
• I tempi di realizzazione, ammesso che il lavoro si faccia, sono sempre troppo lunghi a causa di crisi storiche o politiche, di ricorsi delle imprese o altri ineffabili motivi. La media Italiana dalla data di concorso all'inaugurazione dell’opera pubblica costruita si può facilmente aggirare sui 15-20 anni se non di più;
• Se il lavoro arriva all’appalto e se viene completato, generalmente ci si ritrova con un progetto 'rappezzato' alla meglio e sempre cambiato rispetto all’originale, spesso realizzato con materiali scadenti perché meno costosi, che da lontano somiglia al tuo, ma di cui non sei contento;
• Molto spesso le amministrazioni decidono di fermare o abbandonare i lavori in corso perché con tempi di realizzazione così lunghi troppe cose cambiano rendendo l’opera non più rispondente ai bisogni iniziali;
• Con i soliti ritardi dei pagamenti della Pubblica Amministrazione l'impresa spesso fallisce e il Paese si ritrova con una quantità enorme di ruderi incompiuti e Amministratori innocenti. Sembra poi che gli Amministratori pubblici, cioè 'i fedeli servitori della Comunità', non debbano render conto degli sprechi che creano e amministrano.
Questi scenari sono purtroppo familiari a tutti, ma non per questo sono giustificabili o accettabili. Certamente scoraggiano sia investitori che progettisti e paralizzano il mercato, indirizzandolo verso qualità basse. Inoltre, alle cause di diffidenza sopra menzionate va aggiunta una endemica e dilagante corruzione che sembra invincibile e quasi istituzionalizzata.
È importante perciò cambiare le cose e questo scritto è un appello a tutti quelli coinvolti nelle attività professionali relative alle costruzioni affinché si inizi un rinnovamento che guidi il Paese verso un mondo costruito globale migliore.
Non è compito di questo breve articolo esaminare le cause e individuare soluzioni a tutti questi problemi, ma è certo che questi dovranno essere affrontati e risolti se si vuole uscire da una stagnazione che penalizza il futuro del Paese.
In questo articolo si prenderà in esame uno dei meccanismi del sistema costruttivo Italiano - la pratica dei concorsi di progettazione - facendo delle osservazioni e proposte nella speranza di dare un contributo positivo verso il cambiamento. Forse alcuni suggerimenti proposti sono irrealizzabili allo stato attuale. Ma si ritiene che i tempi siano maturi per iniziare cambiamenti radicali che portino al miglioramento della professione del progettare e alla garanzia della qualità dei prodotti costruiti, dando anche maggiore tutela al Committente che non deve essere visto solo come la figura che paga ma come quella che ha anche il diritto di poter scegliere quello che ritiene sia il meglio per la Comunità che rappresenta e amministra.
Non esiste un metodo ‘perfetto’ per la scelta di un progetto di concorso o di un team di progettazione. Finora i metodi tradizionali hanno sempre creato dissapori e polemiche. Inoltre, qualunque metodo può sempre prestarsi ad abusi o corruzione. Tuttavia la procedura attuale per la scelta dei vincitori di concorsi non è ideale. I concorsi di progettazione sia di idee che ad invito producono sempre scelte univoche di progetti da parte delle giurie e queste scelte potrebbero non essere condivise né amate dall’Ente committente. Per eliminare il più possibile questo rischio, che è uno dei fattori che portano all’abbandono di tanti progetti, sarebbe opportuno introdurre nei concorsi un meccanismo di ‘protezione’ nei riguardi del Committente e della Comunità che userà l’opera.
Concorsi di idee aperti a tutti
Come accade in molti Paesi anche l’Italia si serve di ‘Concorsi di Idee’ aperti a tutti, per stimolare proposte innovative o insolite al fine di risolvere problemi urbanistici o architettonici. I concorsi di idee sono una buona cosa: definiscono in modo semplice, generico e senza troppe limitazioni il tema su cui misurarsi. Sono ammessi a parteciparvi categorie di tecnici sia specifici che di larghe e generiche competenze, non richiedono esperienze particolari né curricula specialistici, né tantomeno garanzie di organizzazione aziendale o record di fatturati.
In questo tipo di concorso le proposte progettuali sono fatte in modo anonimo e la giuria seleziona la proposta vincente esaminando un numero limitato di elaborati senza avere nessuna idea dell’esperienza o capacità progettuale del candidato. Il compito della giuria è quello di selezionare una ‘idea progettuale’ che, se bene elaborata, possa diventare una buona architettura. La giuria generalmente predilige proposte capaci di trasmettere emozioni, e spesso ignora quelle meno appariscenti anche se più funzionali.
Sebbene questo sistema abbia generato negli ultimi 150 anni molte opere di buona architettura, tuttavia è sempre stato cagione di scandali, fallimenti e discussioni sia tra i partecipanti che tra i politici, le giurie e i clienti. Il lato negativo più grande di questa procedura consiste nel fatto che inevitabilmente si finisce con il confondere ‘l’idea’ scelta dalla giuria con il suo progetto reale. Per convincersene basti pensare alla lunga e triste saga della costruzione della ‘Sidney Opera House’ che fu uno dei progetti che nacque appunto con questo sistema.
Il concorso di idee aperto a tutti ha l’indubbio vantaggio di scoprire e aprire le porte del successo a nuovi talenti. Tuttavia i rischi principali di questo sistema risiedono nel fatto che la Giuria possa selezionare uno schema che il cliente non vuole, oppure che scelga un architetto che sa progettare ma che non ha idea alcuna di come costruire; oppure ancora potrebbe scegliere la proposta di designer che non hanno alcuna esperienza né di progettazione architettonica né di costruzione ma che sono ricchi di idee molto interessanti se sviluppate attraverso un dialogo proficuo col cliente ed i suoi ‘advisor’ di supporto.
In definitiva, con questo sistema il cliente potrebbe essere costretto a dover accettare un edificio che potrebbe non funzionare per i suoi bisogni. È facile immaginare i problemi enormi che derivano da una scelta non condivisa dal committente, con dissapori, conseguenze legali e ricorsi, e spesso con l’imposizione forzata di altri studi di progettazione a supporto del vincitore che generalmente non accetta di buon grado altri progettisti che ritiene ‘intrusi’. A causa di questi dissapori i lavori vengono poi abbandonati o cancellati.
Concorsi di progettazione ad invito
A causa dei frequenti e seri problemi insiti nel sistema dei concorsi di idee aperti a tutti, la tendenza odierna degli Enti Pubblici e di molti imprenditori privati, è quella di affidare importanti lavori a progettisti, o gruppi di designers, che per poter partecipare abbiano requisiti accertati e controllati dall’ente banditore. In questo caso, il concorso potrebbe anche essere aperto a tutti quelli che hanno i requisiti richiesti dal bando, oppure, più comunemente, può essere per invito ad un numero limitato di studi professionali che soddisfino i requisiti del bando. Con questo sistema l’ente banditore si assicura la partecipazione di team di progettisti competenti, ma rinuncia alla possibilità di poter abbracciare e sviluppare idee veramente interessanti, innovative o insolite che potrebbero essere proposte da concorrenti non necessariamente specialisti in quel settore.
Proposte per i concorsi di architettura: Decalogo per il futuro dell’architettura Italiana
Il sistema di procurarsi opere pubbliche attraverso competizioni e concorsi è un metodo importante per un Paese democratico, e va incoraggiato e sostenuto perché è sinonimo di democrazia e può dare alla Comunità grandi opere di architettura. Va comunque ricordato che, qualunque sia il sistema di selezione, alla base di tutto deve esserci il principio che l’opera costruita debba soddisfare le necessità della Comunità che ne dovrà usufruire e che, trattandosi di opere pubbliche, l’Ente che le commissiona ha l’obbligo di controllarle, gestirle e giustificarne i costi.
Affinché il sistema dei concorsi per opere pubbliche soddisfi le necessità del Committente sembra sensato che quest’ultimo sia maggiormente coinvolto nella scelta del vincitore fin dall’inizio, senza essere confinato ad accettare passivamente il verdetto di una giuria che potrebbe scegliere ed imporre un progetto non condiviso dal Committente.
Una proposta per il miglioramento di questo sistema potrebbe essere quella di porre alla base come scopo del concorso non il solo progetto ma con esso anche un team multi disciplinare che attraverso una proposta progettuale mostri di essere il migliore per capire e risolvere il problema in esame. Questo vuol dire che la proposta di progetto legata al concorso non deve essere ritenuta ‘intoccabile’, ma che deve essere considerata come base di un progetto da cui partire per svilupparlo in accordo e col contributo del Committente. Questo, in gran misura, è quanto già avviene per i grandi investimenti immobiliari privati gestiti da ‘developers’ internazionali.
In questa ipotesi tutti i concorsi, sia di idee che di progettazione, potrebbero essere impostati su queste 10 linee guida:
1. Devono essere sempre e solo a fase singola e sottoposti in modo anonimo;
2. Devono essere banditi solo se c’è copertura finanziaria sia per la progettazione che per la costruzione dell’opera;
3. Un concorso bandito deve obbligatoriamente essere portato a termine, quindi si devono prevedere adeguate penali se l’Ente banditore non procede a realizzare l’opera entro tempi ragionevoli programmati e stabiliti in fase di concorso stesso;
4. Devono prevedere un team di management, di controllo e poi di dialogo da parte del Committente che sia coinvolto nel progetto dalla fase di concorso alla sua costruzione;
5. Devono obbligatoriamente richiedere e coinvolgere fin dall’inizio ‘team’ di progettazione multi disciplinari, i.e. oltre agli architetti ed urbanisti devono essere presenti i componenti delle varie specializzazioni delle ingegnerie ed eventuali specialismi;
6. Devono prevedere un compenso adeguato sia in fase di concorso che di sviluppo e controllo di cantiere;
7. La Giuria, comunque scelta, non deve selezionare un unico vincitore ma raccomandare con motivazioni al Committente i migliori 3 concorrenti in base agli schemi di progetto presentati ed alla composizione del team di progettazione;
8. La scelta finale del vincitore spetta al Committente che, assistito dai suoi esperti ed eventuali specialisti, la farà dopo un colloquio con i team selezionati dalla giuria. Il colloquio sarà finalizzato a capire quale ‘team integrato’, tra quelli raccomandati dalla giuria, abbia la miglior ‘sintonia e attitudine’ per la comprensione e quindi soluzione delle esigenze e i problemi del cliente;
9. Essendo questo metodo orientato a selezionare un team oltre che uno schema non rigido di progetto, il risultato del processo può prevedere ritocchi anche sostanziali allo schema presentato in fase di concorso affinché questo risponda meglio alle esigenze del Committente e della Comunità che questi rappresenta;
10. Il metodo dell’Appalto Integrato deve essere rimosso totalmente dal sistema costruttivo Italiano.
Le proposte sopra abbozzate, relative al sistema di concorso per progettazione e costruzione di opere di architettura, possono certamente essere discusse e migliorate, ma rappresentano forse un passo avanti per disciplinare e migliorare il patrimonio delle costruzioni nel nostro Paese.
A chiusura, vale la pena di soffermarsi brevemente sull’ultimo punto: l’appalto integrato
Il sistema dell’Appalto Integrato per le opere pubbliche fu introdotto in Italia nel 2004 per coinvolgere l’impresa ad un certo punto del percorso progettuale, cioè in un secondo tempo, rendendola ‘proprietaria’ del progetto sviluppato e ‘creato’ da altri. L’obiettivo principale, si presume, era quello di eliminare i contenziosi e le innumerevoli riserve. In realtà questo sistema si è rivelato una utopia e Finora si è rivelato sempre un vero fallimento.
Nel nuovo codice dei contratti pubblici l’appalto integrato è ora ammesso solo quando ‘l’elemento tecnologico ed innovativo delle opere è nettamente prevalente nell’ambito dell’importo dei lavori da svolgere’.
L’affidamento congiunto della progettazione ed esecuzione dei lavori sarebbe una procedura chiara e senza equivoci solo se riferita e condotta col sistema di ‘Design and Build’ del mondo Anglosassone, in cui l’impresa entra dall’inizio in gara con una ‘sua proposta progettuale’ sulla quale ovviamente non dovrebbe poi fare riserve.
Non è questo il luogo per una lunga discussione sui meriti e demeriti del sistema Anglosassone ‘Design and Build’ a paragone di quello Italiano dell’Appalto Integrato. Basti solo pensare al fatto che nell’Appalto Integrato gli ‘inventori’ della proposta progettuale vengono estromessi a metà percorso sostituendoli con progettisti scelti e pagati dall’impresa (con la sola eccezione della figura dell’architetto), per rendersi conto della carenza insana di questo sistema. In primo luogo potrebbe esserci una potenziale lesione dei diritti umani a danno dei progettisti originari che, diventando il loro progetto proprietà dell’impresa, non vengono neanche più menzionati nei crediti. Inoltre, la rimozione dei progettisti iniziali è una mossa certamente non saggia da parte del Committente perché essi, in definitiva, sono la migliore garanzia che il Committente ha sia per controllare l’impresa che per assicurarsi la qualità del progetto stesso.