Lightingweb Redazione
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08.01.15
Destinazione futuro
Le stazioni sono forze trainanti per una città. Questa osservazione contenuta nella presentazione ufficiale di Euro Liege TGV riassume lo spirito dell’impresa. La nuova stazione di Liegi, firmata da Santiago Calatrava, oltre a fare della cittadina belga un nodo strategico per le comunicazioni nel Nord Europa è già ai primi posti fra le attrazioni turistiche, vero simbolo del rilancio della città.
La funzionalità del progetto è fondata su una serie di obiettivi preliminari: facilità di accesso alla struttura, collegamento diretto con la rete viaria, miglioramento del servizio ferroviario non solo per l’alta velocità, ma anche per il traffico più lento, miglioramento dei servizi annessi alla stazione. A questo scopo l’asse della nuova stazione è stata spostata di 150 metri al di là della Mosa (il fiume che attraversa Liegi) per avere più spazio per le banchine e una migliore accessibilità alla struttura. La nuova collocazione ha portato a un completo ammordenamento di tutta la tratta ferroviaria che attraversa Liegi. Il progetto di Calatrava, che ha vinto un concorso internazionale indetto nel 1993, sviluppa questa idea di collegamento. La stazione non ha facciate, ma una gigantesca copertura che si estende anche nelle zone antistanti lo scalo sui due lati. La nuova stazione in qualche modo sana la frattura creata nella città dall’attraversamento della ferrovia, collegando una zona ex-industriale con un quartiere residenziale. Il progetto prevede anche l’ampliamento di un canale per un collegamento più evidente con il fiume Mosa. Il progetto inoltre utilizza anche un livello sotterraneo per le sale d’attesa, negozi, un grande parcheggio e altri servizi.
L’abilità del progettista sta nel movimento impresso a tutto il complesso non solo dalla fluidità del disegno delle arcate, di ponti e strade di collegamento, ma soprattutto dalla luce che pervade tutta la struttura. Calatrava infatti utilizza una combinazione di acciaio, cemento armato bianco e mattoncini di vetro (realizzati dall’italiana Seves glassblock), applicata non solo sulle coperture, ma anche nella pavimentazione delle banchine, che fanno così da tetto semitrasparente alle aree interrate. Una circolazione di luce naturale che ha già fatto definire la stazione una “cattedrale di luce”.
In un progetto così concepito l’illuminazione artificiale è evidentemente una componente fondamentale per assicurare anche nelle ore serali gli stessi obiettivi, massima funzionalità e valorizzazione estetica delle opere architettoniche. Calatrava ha previsto, come in altre sue celebri opere, l’inserimento dei corpi illuminanti all’interno delle strutture.
Per le luci in banchina un’ èquipe multilingue
“Le caratteristiche che doveva avere un impianto di illuminazione per una struttura di questo calibro erano diverse – racconta Andrea Missiaglia, project manager in cantiere per Gemmo spa – . Da un lato l’esigenza di dare un livello illuminotecnico sufficiente, che garantisse comfort al pubblico e all’utenza, dall’altro la necessità di dare risalto alla grande struttura metallica che copre la stazione, senza tuttavia far vedere, in parole povere, da dove arrivasse la luce. Occorreva e occorre illuminare in maniera uniforme, ma nascondendo, “inglobando”, i corpi illuminanti. Non sono scelte che abbiamo fatto noi: erano scelte già “scritte” bel progetto e riportate nella predisposizione delle strutture”.
L.M. Quali sono state le difficoltà tecniche e di installazione?
“Studiare le soluzioni illluminotecniche che fossero in sintonia con quanto predisposto a livello strutturale. Ma altri problemi sono arrivati successivamente: si parla di grandi strutture metalliche, con inevitabili imperfezioni e soggette ad esempio a dilatazioni dovute ai cambi di temperatura. Si è dovuto spesso intervenire in corsa per adeguamenti e sistemazioni. Mi riferisco in particolare alla banchina, dove appunto imperfezioni e irregolarità hanno creato non pochi problemi tecnici per il montaggio e l’allineamento dei pezzi, e dove si è dovuto ricorrere in più di un’occasione alla realizzazione di pezzi ad hoc. La fatica più ‘acrobatica’, nel momento in cui parliamo, devo ancora metterla in piedi: il montaggio delle luci sulla casquette, con una gru alta la bellezza di 40 metri”.
L.M. Infine, il risultato?
“Soddisfacente: buon livello illuminotecnico, buona uniformità, soluzioni estetiche conformi”.
Cronistoria di un impianto
Dunque un impianto luci che ha richiesto sforzi e lavoro, estro e rapidità nella ricerca delle soluzioni migliori, e naturalmente una bella dose di competenza tecnica. Dello staff internazionale protagonista di un costante confronto ha fatto parte, per Disano Illuminazione, Diego Ambrosi. Immagini di cantiere, disegni, appunti e carte in sequenza documentano la genesi delle scelte. “All’impianto luci si lavora dal 2007 – spiega Ambrosi – sulla base di poche indicazioni ma assai precise. Omogeneità della luce, impiego di fonti illuminanti della stessa tonalità di colore dei materiali, obiettivo una luce neutra, confortevole”.
Partiamo dalla casquette, la “visiera”, l’ormai celeberrima copertura metallica della stazione, che tondeggia agli estremi del complesso. Il progettista ha prescritto: enfatizzarne l’estetica, ma con luci “invisibili”. “Per la casquette la scelta è caduta su proiettori Elfo Powerled, 176 pezzi in tutto, 88 per ciascuna estremità della struttura. Proiettori Star e Bario sono stati invece impiegati nella parte centrale, garantiscono luce indiretta e dal basso”.
Dal centro della stazione eccoci sulle banchine, dove le scelte illuminotecniche sono state più laboriose e maggiormente soggette a modifiche rispetto al progetto originario e al capitolato iniziale. “La copertura della banchina – ancora Ambrosi – era già dotata di predisposizione per i corpi illuminanti. Ma i cambiamenti in corso d’opera sono stati molti”. Iniziamo con il dire che il tratto di banchina poneva dei vincoli rigorosi sul fronte della sicurezza, affacciandosi su binari dotati di impianti ad alta tensione sino a 14 mila volt. Modifiche tecniche sono sopraggiunte per la necessità di adattare i pezzi, o creare dei pezzi ad hoc, su tratti di struttura metallica già modificati dagli sbalzi di temperatura o da agenti esterni. Ma vi sono state anche modifiche di ordine tecnico ed estetico volute dallo stesso architetto, non soddisfatto della prima soluzione, che prevedeva l’impiego di apparecchi a fluorescenza, troppo “sporgenti” dai telai metallici, troppo “visibili” e invasivi. L’uovo di Colombo, in ultima battuta, sono stati i Led. 1800 metri di tratto, illuminato ogni trenta centimetri da Led: il prodotto speciale ideato sul campo e approvato da Calatrava è il Liset P65, che, grazie all’ottica ellittica, garantisce un livello praticamente totale di uniformità illuminante. Quasi supefluo aggiungere che la tecnologia Led garantisce, oltre a risultati soddisfacenti sul fronte estetico, anche lunga durata, basso costo di manutenzione, consumi ridotti e tutti i vantaggi di una tecnologia avanzata.
Lampade a fluorescenza e proiettori a incasso (modello Shell, Fosnova) sono stati scelti infine per illuminare la zona commerciale, dove transitano tutti i passeggeri e centinaia di persone ogni giorno. Questo settore incamera luce naturale in abbondanza dalle vetrate e dalle scelte architettoniche che hanno previsto il massiccio impiego del vetro cemento e la predisposizione di lucernari e aperture.
Led e apparecchi su misura
Il prodotto scelto per l’illuminazione della banchina, Liset IP65, garantisce i livelli di “invisibilità” e integrazione nella struttura prescritti dal progettista. L’uniformità dell’illuminazione, altra indicazione già presente sui piani illuminotecnici iniziali, è inoltre garantita dall’ottica ellittica, che distribuisce adeguatamente la luce. L’apparecchio scelto è stato sottoposto a adattamento e modifiche per renderlo perfettamente idoneo. La tecnologia Led, inoltre, garantisce lunga durata, risparmio energetico e bassi costi di manutenzione.
La funzionalità del progetto è fondata su una serie di obiettivi preliminari: facilità di accesso alla struttura, collegamento diretto con la rete viaria, miglioramento del servizio ferroviario non solo per l’alta velocità, ma anche per il traffico più lento, miglioramento dei servizi annessi alla stazione. A questo scopo l’asse della nuova stazione è stata spostata di 150 metri al di là della Mosa (il fiume che attraversa Liegi) per avere più spazio per le banchine e una migliore accessibilità alla struttura. La nuova collocazione ha portato a un completo ammordenamento di tutta la tratta ferroviaria che attraversa Liegi. Il progetto di Calatrava, che ha vinto un concorso internazionale indetto nel 1993, sviluppa questa idea di collegamento. La stazione non ha facciate, ma una gigantesca copertura che si estende anche nelle zone antistanti lo scalo sui due lati. La nuova stazione in qualche modo sana la frattura creata nella città dall’attraversamento della ferrovia, collegando una zona ex-industriale con un quartiere residenziale. Il progetto prevede anche l’ampliamento di un canale per un collegamento più evidente con il fiume Mosa. Il progetto inoltre utilizza anche un livello sotterraneo per le sale d’attesa, negozi, un grande parcheggio e altri servizi.
L’abilità del progettista sta nel movimento impresso a tutto il complesso non solo dalla fluidità del disegno delle arcate, di ponti e strade di collegamento, ma soprattutto dalla luce che pervade tutta la struttura. Calatrava infatti utilizza una combinazione di acciaio, cemento armato bianco e mattoncini di vetro (realizzati dall’italiana Seves glassblock), applicata non solo sulle coperture, ma anche nella pavimentazione delle banchine, che fanno così da tetto semitrasparente alle aree interrate. Una circolazione di luce naturale che ha già fatto definire la stazione una “cattedrale di luce”.
In un progetto così concepito l’illuminazione artificiale è evidentemente una componente fondamentale per assicurare anche nelle ore serali gli stessi obiettivi, massima funzionalità e valorizzazione estetica delle opere architettoniche. Calatrava ha previsto, come in altre sue celebri opere, l’inserimento dei corpi illuminanti all’interno delle strutture.
Per le luci in banchina un’ èquipe multilingue
“Le caratteristiche che doveva avere un impianto di illuminazione per una struttura di questo calibro erano diverse – racconta Andrea Missiaglia, project manager in cantiere per Gemmo spa – . Da un lato l’esigenza di dare un livello illuminotecnico sufficiente, che garantisse comfort al pubblico e all’utenza, dall’altro la necessità di dare risalto alla grande struttura metallica che copre la stazione, senza tuttavia far vedere, in parole povere, da dove arrivasse la luce. Occorreva e occorre illuminare in maniera uniforme, ma nascondendo, “inglobando”, i corpi illuminanti. Non sono scelte che abbiamo fatto noi: erano scelte già “scritte” bel progetto e riportate nella predisposizione delle strutture”.
L.M. Quali sono state le difficoltà tecniche e di installazione?
“Studiare le soluzioni illluminotecniche che fossero in sintonia con quanto predisposto a livello strutturale. Ma altri problemi sono arrivati successivamente: si parla di grandi strutture metalliche, con inevitabili imperfezioni e soggette ad esempio a dilatazioni dovute ai cambi di temperatura. Si è dovuto spesso intervenire in corsa per adeguamenti e sistemazioni. Mi riferisco in particolare alla banchina, dove appunto imperfezioni e irregolarità hanno creato non pochi problemi tecnici per il montaggio e l’allineamento dei pezzi, e dove si è dovuto ricorrere in più di un’occasione alla realizzazione di pezzi ad hoc. La fatica più ‘acrobatica’, nel momento in cui parliamo, devo ancora metterla in piedi: il montaggio delle luci sulla casquette, con una gru alta la bellezza di 40 metri”.
L.M. Infine, il risultato?
“Soddisfacente: buon livello illuminotecnico, buona uniformità, soluzioni estetiche conformi”.
Cronistoria di un impianto
Dunque un impianto luci che ha richiesto sforzi e lavoro, estro e rapidità nella ricerca delle soluzioni migliori, e naturalmente una bella dose di competenza tecnica. Dello staff internazionale protagonista di un costante confronto ha fatto parte, per Disano Illuminazione, Diego Ambrosi. Immagini di cantiere, disegni, appunti e carte in sequenza documentano la genesi delle scelte. “All’impianto luci si lavora dal 2007 – spiega Ambrosi – sulla base di poche indicazioni ma assai precise. Omogeneità della luce, impiego di fonti illuminanti della stessa tonalità di colore dei materiali, obiettivo una luce neutra, confortevole”.
Partiamo dalla casquette, la “visiera”, l’ormai celeberrima copertura metallica della stazione, che tondeggia agli estremi del complesso. Il progettista ha prescritto: enfatizzarne l’estetica, ma con luci “invisibili”. “Per la casquette la scelta è caduta su proiettori Elfo Powerled, 176 pezzi in tutto, 88 per ciascuna estremità della struttura. Proiettori Star e Bario sono stati invece impiegati nella parte centrale, garantiscono luce indiretta e dal basso”.
Dal centro della stazione eccoci sulle banchine, dove le scelte illuminotecniche sono state più laboriose e maggiormente soggette a modifiche rispetto al progetto originario e al capitolato iniziale. “La copertura della banchina – ancora Ambrosi – era già dotata di predisposizione per i corpi illuminanti. Ma i cambiamenti in corso d’opera sono stati molti”. Iniziamo con il dire che il tratto di banchina poneva dei vincoli rigorosi sul fronte della sicurezza, affacciandosi su binari dotati di impianti ad alta tensione sino a 14 mila volt. Modifiche tecniche sono sopraggiunte per la necessità di adattare i pezzi, o creare dei pezzi ad hoc, su tratti di struttura metallica già modificati dagli sbalzi di temperatura o da agenti esterni. Ma vi sono state anche modifiche di ordine tecnico ed estetico volute dallo stesso architetto, non soddisfatto della prima soluzione, che prevedeva l’impiego di apparecchi a fluorescenza, troppo “sporgenti” dai telai metallici, troppo “visibili” e invasivi. L’uovo di Colombo, in ultima battuta, sono stati i Led. 1800 metri di tratto, illuminato ogni trenta centimetri da Led: il prodotto speciale ideato sul campo e approvato da Calatrava è il Liset P65, che, grazie all’ottica ellittica, garantisce un livello praticamente totale di uniformità illuminante. Quasi supefluo aggiungere che la tecnologia Led garantisce, oltre a risultati soddisfacenti sul fronte estetico, anche lunga durata, basso costo di manutenzione, consumi ridotti e tutti i vantaggi di una tecnologia avanzata.
Lampade a fluorescenza e proiettori a incasso (modello Shell, Fosnova) sono stati scelti infine per illuminare la zona commerciale, dove transitano tutti i passeggeri e centinaia di persone ogni giorno. Questo settore incamera luce naturale in abbondanza dalle vetrate e dalle scelte architettoniche che hanno previsto il massiccio impiego del vetro cemento e la predisposizione di lucernari e aperture.
Led e apparecchi su misura
Il prodotto scelto per l’illuminazione della banchina, Liset IP65, garantisce i livelli di “invisibilità” e integrazione nella struttura prescritti dal progettista. L’uniformità dell’illuminazione, altra indicazione già presente sui piani illuminotecnici iniziali, è inoltre garantita dall’ottica ellittica, che distribuisce adeguatamente la luce. L’apparecchio scelto è stato sottoposto a adattamento e modifiche per renderlo perfettamente idoneo. La tecnologia Led, inoltre, garantisce lunga durata, risparmio energetico e bassi costi di manutenzione.