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Luigi Centola
Architetto
04.05.12
Buco Nero 8 > Demolizioni Palinuro
PAESAGGIO SFIGURATO E DEMOLIZIONI EX CLUB MED
UN PIANO PER LO SPAZIO PUBBLICO E IL PAESAGGIO COSTIERO
L’ex Club Med di Palinuro è uno dei simboli italiani dell’abusivismo e del degrado. Mai tanta bellezza come nella perla del Cilento ha subito dall’uomo tali oltraggi, nel totale disprezzo di legalità, natura e bene comune.
I 150.000mq lottizzati illegalmente nel piano regolatore generale vigente ricadono in zona omogenea G1, con la possibilità di realizzare insediamenti turistici e commerciali solo dopo l’approvazione di un piano particolareggiato. Ma il piano non esiste, nessuno lo ha mai redatto e tuttavia esistono più di 120 edifici a pochi metri dalla spiaggia.
Oltre alle dozzinali villette abusive (20.000mc di cemento) tirate su in poche ore con materiali scadenti e dubbio gusto, ogni lotto è delimitato da muri perimetrali, e così per la fruizione pubblica sono rimaste soltanto la stretta discesa a mare e alcune stradine trasversali. Complice la mancanza di controlli la splendida area naturale sul mare, una volta punteggiata da ulivi e tukul, è diventava uno spezzatino di recinti senza qualità che impediscono sia la vista di capo Palinuro che l’utilizzo della fascia costiera.
Quale migliore occasione e stimolo delle imminenti demolizioni (ed elezioni) per ripensare integralmente lo scempio dell’ex Club Med riportando il buco nero alla selvaggia bellezza del passato? Un modello contemporaneo di sviluppo turistico sostenibile, con attrezzature collettive e spazi verdi aperti a tutti, sarebbe d’esempio per la riqualificazione delle coste italiane.
Riusciranno i proprietari riuniti in consorzio a proporre e realizzare il masterplan, o lo dovrà imporre lo Stato facendo valere la legge che consente l’acquisizione gratuita delle aree in assenza di demolizioni tempestive? Nella prima auspicabile ipotesi, fatti salvi i titoli individuali di proprietà, il piano avrebbe l’opportunità di negoziare un delicato equilibrio tra spazi pubblici e volumi privati; nel secondo scenario, a conduzione pubblica, si profilerebbe invece una rinaturalizzazione tout court come opportuno risarcimento per il territorio.
Immaginiamo una possibilità che consenta di evitare contenziosi e apprezzare il risultato in pochi mesi. Fatta piazza pulita dell’immondizia edilizia, il piano complessivo, che dovrà essere approvato da Comune, Soprintendenza e Parco del Cilento, potrebbe prevedere il recupero dei tukul in legno e paglia abbandonati, integrati, ad esempio, da casette ecologiche low tech, realizzate con gli stessi materiali, da destinare a quei proprietari in grado di provare un diritto edificatorio acquisito.
Sarà la politica a governare l’equilibrio tra pubblico e privato, ma la differenza sostanziale che vorremmo suggerire, rispetto all’attuale privatizzazione integrale, è che nel piano di recupero per Saline non dovrebbero più esistere muri o recinzioni, in modo da restituire l’area alla fruizione collettiva. Come accadeva un tempo, comunità locale e turisti potranno tornare a vivere la costa, tra ulivi, ginestre e macchia mediterranea. La privacy delle residenze sarà invece assicurata da adeguati sistemi di schermature leggere e removibili.
Basterà infine recuperare le attrezzature originarie del Club Med, incluse le due piscine abbandonate, la spiaggia, la darsena e il molo, offrendole in gestione alle associazioni locali per creare lavoro e ottenere benefici per proprietari, residenti e viaggiatori.
Quale candidato per la poltrona di Sindaco sottoscriverebbe un programma di riqualificazione integrale e fruizione democratica del paesaggio? La politica è in grado di offrire proposte alternative?
Pubblicato in versione adattata sul Corriere del Mezzogiorno del 4 maggio 2012
UN PIANO PER LO SPAZIO PUBBLICO E IL PAESAGGIO COSTIERO
L’ex Club Med di Palinuro è uno dei simboli italiani dell’abusivismo e del degrado. Mai tanta bellezza come nella perla del Cilento ha subito dall’uomo tali oltraggi, nel totale disprezzo di legalità, natura e bene comune.
I 150.000mq lottizzati illegalmente nel piano regolatore generale vigente ricadono in zona omogenea G1, con la possibilità di realizzare insediamenti turistici e commerciali solo dopo l’approvazione di un piano particolareggiato. Ma il piano non esiste, nessuno lo ha mai redatto e tuttavia esistono più di 120 edifici a pochi metri dalla spiaggia.
Oltre alle dozzinali villette abusive (20.000mc di cemento) tirate su in poche ore con materiali scadenti e dubbio gusto, ogni lotto è delimitato da muri perimetrali, e così per la fruizione pubblica sono rimaste soltanto la stretta discesa a mare e alcune stradine trasversali. Complice la mancanza di controlli la splendida area naturale sul mare, una volta punteggiata da ulivi e tukul, è diventava uno spezzatino di recinti senza qualità che impediscono sia la vista di capo Palinuro che l’utilizzo della fascia costiera.
Quale migliore occasione e stimolo delle imminenti demolizioni (ed elezioni) per ripensare integralmente lo scempio dell’ex Club Med riportando il buco nero alla selvaggia bellezza del passato? Un modello contemporaneo di sviluppo turistico sostenibile, con attrezzature collettive e spazi verdi aperti a tutti, sarebbe d’esempio per la riqualificazione delle coste italiane.
Riusciranno i proprietari riuniti in consorzio a proporre e realizzare il masterplan, o lo dovrà imporre lo Stato facendo valere la legge che consente l’acquisizione gratuita delle aree in assenza di demolizioni tempestive? Nella prima auspicabile ipotesi, fatti salvi i titoli individuali di proprietà, il piano avrebbe l’opportunità di negoziare un delicato equilibrio tra spazi pubblici e volumi privati; nel secondo scenario, a conduzione pubblica, si profilerebbe invece una rinaturalizzazione tout court come opportuno risarcimento per il territorio.
Immaginiamo una possibilità che consenta di evitare contenziosi e apprezzare il risultato in pochi mesi. Fatta piazza pulita dell’immondizia edilizia, il piano complessivo, che dovrà essere approvato da Comune, Soprintendenza e Parco del Cilento, potrebbe prevedere il recupero dei tukul in legno e paglia abbandonati, integrati, ad esempio, da casette ecologiche low tech, realizzate con gli stessi materiali, da destinare a quei proprietari in grado di provare un diritto edificatorio acquisito.
Sarà la politica a governare l’equilibrio tra pubblico e privato, ma la differenza sostanziale che vorremmo suggerire, rispetto all’attuale privatizzazione integrale, è che nel piano di recupero per Saline non dovrebbero più esistere muri o recinzioni, in modo da restituire l’area alla fruizione collettiva. Come accadeva un tempo, comunità locale e turisti potranno tornare a vivere la costa, tra ulivi, ginestre e macchia mediterranea. La privacy delle residenze sarà invece assicurata da adeguati sistemi di schermature leggere e removibili.
Basterà infine recuperare le attrezzature originarie del Club Med, incluse le due piscine abbandonate, la spiaggia, la darsena e il molo, offrendole in gestione alle associazioni locali per creare lavoro e ottenere benefici per proprietari, residenti e viaggiatori.
Quale candidato per la poltrona di Sindaco sottoscriverebbe un programma di riqualificazione integrale e fruizione democratica del paesaggio? La politica è in grado di offrire proposte alternative?
Pubblicato in versione adattata sul Corriere del Mezzogiorno del 4 maggio 2012