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Luigi Centola
Architetto
30.03.12
Buco Nero 4 > Sanatorio antitubercolare Pugliano
3 PROPOSTE PER SUPERARE LO SPRECO E LO SCEMPIO
Riconversione del sanatorio incompiuto in residenze sociali, accoglienza temporanea o servizi per il turismo
Il quarto buco nero della Provincia di Salerno è ubicato in una panoramica località collinare, al margine tra i comuni di Montecorvino Pugliano e Pontecagnano Faiano. Tuttavia, nonostante la taglia decisamente extra large, pochi sembrano conoscere quest’opera pubblica incompiuta. La sua storia si perde nella notte dei tempi. E’ una megastruttura di circa 7.500mq, 150 stanze e 5 piani fuori terra, con annessi 10 ettari di terreno. Un grandioso quanto anacronistico sanatorio antitubercolare mai completato il cui iter nasce nel lontano 1948 e si trascina tra sprechi e interrogazioni parlamentari.
L’ecomostro in cemento e mattoni domina la piana del Sele ed è immerso nel bosco San Benedetto, luogo molto amato e frequentato per il relax e lo svago all’aria aperta. I 115 ettari di verde pubblico sono gestiti da una Amministrazione separata dei beni demaniali, eletta dai cittadini, che si occupa anche della tutela del sito, combattendone anche gli usi impropri.
Il rudere e i 10 ettari di pertinenza sono invece proprietà della Asl e dunque ne dovrebbero rispondere i tecnici Bortoletti, Caropreso e Annunziata, nominati dal Presidente Caldoro per risanare il deficit della sanità salernitana. Nonostante le sollecitazioni, la Asl e la Regione rimangono muti sul futuro dell’ospedale incompiuto di Pogerola (buco nero n.3) e non ci risulta abbiano annunciato procedure concrete e tempi certi nemmeno per risolvere il caso del sanatorio abbandonato di Montecorvino.
Quali le possibilità economicamente sostenibili, per il riutilizzo dell’ecomostro? L’unica ipotesi che ci sentiamo di escludere è la demolizione tucur che comporterebbe ingenti spese, disagi e consumo di energie senza assicurare alcun beneficio tangibile alla collettività.
Conoscendo bene l’edificio e le condizioni al contorno, vorremmo suggerire alla Regione, alla Asl, all’Amministrazione del bosco, all’Amministrazione comunale (che nel PUC destina l’area in oggetto ad attrezzature turistico/ricettive) e ai cittadini 3 possibili scenari per convergere verso una soluzione che superi finalmente scandali e inefficienze:
1) Vendita all’asta del bene per favorirne il recupero integrale attraverso un cambio di destinazione d'uso da concordare con il Comune, per esempio, in residenze sociali con affitti calmierati o casa vacanze, applicando i nuovi strumenti come il piano casa o il decreto sviluppo. La procedura sarà calibrata in modo da risultare remunerativa per l’investitore e a costo zero per la collettività.
2) Risarcimento alla comunità attraverso la demolizione parziale e il riutilizzo per l’accoglienza temporanea alle fasce deboli: anziani, giovani coppie, extracomunitari, senza tetto. La Regione come segnale di compensazione destinerà 5 milioni di fondi europei per sostenere i lavori e incentivare lo start up della gestione da affidare alle locali associazioni di volontariato.
3) Gara di progettazione, realizzazione e gestione per realizzare la demolizione pressoché totale del rudere con riconfigurazione del piano terra in attrezzature a supporto della fruizione turistica del bosco: servizi igienici, spazi collettivi, bar e attività ricettive low cost; ovvero un project financing che copra le spese di riqualificazione offrendo in gestione le attività commerciali e di accoglienza, in ogni caso sempre a costo zero per la collettività.
Come per l’ospedale incompiuto di Pogerola, alla Asl e al Governatore Caldoro, sentiti gli Enti territoriali competenti, le decisioni sulla trasformazione sostenibile più appropriata che cancelli in tempi brevi, anche in assenza di finanziamenti pubblici, l’intollerabile scempio.
L’alibi della crisi e/o della mancanza di risorse non può essere più invocato.
Pubblicato in versione adattata sul Corriere del Mezzogiorno del 30 marzo 2012
Riconversione del sanatorio incompiuto in residenze sociali, accoglienza temporanea o servizi per il turismo
Il quarto buco nero della Provincia di Salerno è ubicato in una panoramica località collinare, al margine tra i comuni di Montecorvino Pugliano e Pontecagnano Faiano. Tuttavia, nonostante la taglia decisamente extra large, pochi sembrano conoscere quest’opera pubblica incompiuta. La sua storia si perde nella notte dei tempi. E’ una megastruttura di circa 7.500mq, 150 stanze e 5 piani fuori terra, con annessi 10 ettari di terreno. Un grandioso quanto anacronistico sanatorio antitubercolare mai completato il cui iter nasce nel lontano 1948 e si trascina tra sprechi e interrogazioni parlamentari.
L’ecomostro in cemento e mattoni domina la piana del Sele ed è immerso nel bosco San Benedetto, luogo molto amato e frequentato per il relax e lo svago all’aria aperta. I 115 ettari di verde pubblico sono gestiti da una Amministrazione separata dei beni demaniali, eletta dai cittadini, che si occupa anche della tutela del sito, combattendone anche gli usi impropri.
Il rudere e i 10 ettari di pertinenza sono invece proprietà della Asl e dunque ne dovrebbero rispondere i tecnici Bortoletti, Caropreso e Annunziata, nominati dal Presidente Caldoro per risanare il deficit della sanità salernitana. Nonostante le sollecitazioni, la Asl e la Regione rimangono muti sul futuro dell’ospedale incompiuto di Pogerola (buco nero n.3) e non ci risulta abbiano annunciato procedure concrete e tempi certi nemmeno per risolvere il caso del sanatorio abbandonato di Montecorvino.
Quali le possibilità economicamente sostenibili, per il riutilizzo dell’ecomostro? L’unica ipotesi che ci sentiamo di escludere è la demolizione tucur che comporterebbe ingenti spese, disagi e consumo di energie senza assicurare alcun beneficio tangibile alla collettività.
Conoscendo bene l’edificio e le condizioni al contorno, vorremmo suggerire alla Regione, alla Asl, all’Amministrazione del bosco, all’Amministrazione comunale (che nel PUC destina l’area in oggetto ad attrezzature turistico/ricettive) e ai cittadini 3 possibili scenari per convergere verso una soluzione che superi finalmente scandali e inefficienze:
1) Vendita all’asta del bene per favorirne il recupero integrale attraverso un cambio di destinazione d'uso da concordare con il Comune, per esempio, in residenze sociali con affitti calmierati o casa vacanze, applicando i nuovi strumenti come il piano casa o il decreto sviluppo. La procedura sarà calibrata in modo da risultare remunerativa per l’investitore e a costo zero per la collettività.
2) Risarcimento alla comunità attraverso la demolizione parziale e il riutilizzo per l’accoglienza temporanea alle fasce deboli: anziani, giovani coppie, extracomunitari, senza tetto. La Regione come segnale di compensazione destinerà 5 milioni di fondi europei per sostenere i lavori e incentivare lo start up della gestione da affidare alle locali associazioni di volontariato.
3) Gara di progettazione, realizzazione e gestione per realizzare la demolizione pressoché totale del rudere con riconfigurazione del piano terra in attrezzature a supporto della fruizione turistica del bosco: servizi igienici, spazi collettivi, bar e attività ricettive low cost; ovvero un project financing che copra le spese di riqualificazione offrendo in gestione le attività commerciali e di accoglienza, in ogni caso sempre a costo zero per la collettività.
Come per l’ospedale incompiuto di Pogerola, alla Asl e al Governatore Caldoro, sentiti gli Enti territoriali competenti, le decisioni sulla trasformazione sostenibile più appropriata che cancelli in tempi brevi, anche in assenza di finanziamenti pubblici, l’intollerabile scempio.
L’alibi della crisi e/o della mancanza di risorse non può essere più invocato.
Pubblicato in versione adattata sul Corriere del Mezzogiorno del 30 marzo 2012