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Luigi Centola
Centola & Associati
12.05.11
Giurati indipendenti «doc» nei concorsi di architettura
Insieme con l’apprezzamento a Giorgio Santilli e al team di «Progetti e Concorsi» per essere riusciti ad aggregare attorno alla proposta di legge per l’architettura e gli spazi pubblici sia autorevoli esponenti di entrambi gli schieramenti politici che un gran numero di Ordini e il Consiglio nazionale architetti, vorrei condividere due argomenti in grado, da soli, di invertire la deriva in atto e cambiare il sistema dei concorsi in Italia.
Il primo argomento è di carattere quantitativo.
Raggiungeremo anche in Italia, come in Francia, oltre mille concorsi ogni anno, soltanto se la legge imporrà, per qualsiasi opera, il concorso di progettazione alle pubbliche amministrazioni, altrimenti sarà difficile ottenere uno sviluppo sostanziale dei bandi e tutto sarà demandato alle attività di persuasione nei contesti locali, da parte degli Ordini o di singoli programmatori. In molti casi sindaci e amministratori non hanno piena coscienza delle diverse procedure di gara e dei vantaggi nel ricorrere al concorso aperto, talvolta per convincerli basterebbe soltanto spiegare loro che possono risolvere velocemente e nel modo migliore i problemi della collettività ottenendo notevole visibilità politica ricercando la qualità attraverso un serio confronto di progetti. Una diffusa campagna nazionale di informazione su questo tema produrrebbe un immediato aumento dei bandi aprendo la strada verso la democratica diffusione per legge delle procedure concorsuali che potrebbero anche essere facilmente gestite on line.
Il secondo argomento è invece di carattere qualitativo.
Se anche Daniel Libeskind, di recente dichiara «penso sia necessario insistere anche sulla qualità delle giurie che non devono rappresentare solo categorie di interessi ma con esponenti della cultura a tutto campo devono riuscire ad apprezzare i contributi che possono essere di vera avanguardia» non ci possono essere dubbi sulla strada da seguire.
La sottile discriminante tra un ottimo e un pessimo concorso, come tutti sappiamo, è la giuria. Chi ha avuto occasione sia di vincere qualche competizione, sia di essere in giuria, conosce bene le delicate dinamiche che si sviluppano prima nella scelta dei componenti e successivamente durante la valutazione delle proposte. Se questo argomento è di qualche interesse mi riprometto di svilupparlo in un prossimo intervento per far comprendere, con esempi, equilibri e problematiche in gioco. In ogni caso la proposta di legge non mi sembra entri nel merito di questo decisivo argomento lasciando di fatto inalterata la situazione attuale dove tra i 5 giurati indicati dalla legge i membri interni alle amministrazioni hanno la priorità mentre si instaurano interpretazioni discordanti circa l’inclusione dei rappresentanti di Ordini professionali e Università.
E allora come orientarsi per la selezione delle commissioni?
La stazione appaltante deve sempre avere la libertà di scegliere in totale autonomia i migliori progettisti e critici, italiani o stranieri, assumendosi consapevolmente, attraverso quest’atto, sia la linea culturale che la piena responsabilità del fallimento o del successo del concorso. Compito fondamentale dell’advisor, oltre la programmazione, sarà anche quello di consigliare le amministrazioni virtuose nella selezione di giurati super partes ed esperti dei temi specifici. Tuttavia nei concorsi medio-piccoli, che costituiscono la maggioranza delle occasioni, con budget, premi e rimborsi non ricchi, i progettisti italiani più noti in genere non accettano di essere in giuria per non sottrarre tempo prezioso al lavoro.
Spiace sottolineare come la mancanza di generosità, verificata anche in occasioni simboliche o socialmente rilevanti, appaia un tratto comune a molti professionisti nostrani di successo. Allora meglio puntare sui giovani di talento e sui professionisti indipendenti con un adeguato curriculum specifico che dovrebbero sempre costituire la maggioranza della giuria. Molto aiuterebbero dei nomi disponibili on line ad esempio sul portale del Consiglio nazionale, dai quali poter attingere. Date per scontate la volontà e la capacità delle amministrazioni di gestire in trasparenza le pratiche concorsuali e le realizzazioni, tutto dunque dipende dal mix, dall’esperienza e dal valore umano e professionale dei tecnici che sceglieranno il progetto vincitore.
È questo il nodo per la ricerca delle soluzioni di vera avanguardia, di cui parla Libeskind, in grado di portare valore aggiunto alla nostre città e alle comunità locali rilanciando l’immagine opaca del nostro Paese.
Pubblicato originariamente su Progetti e Concorsi de IlSole24Ore, 9-14 maggio 2011
Il primo argomento è di carattere quantitativo.
Raggiungeremo anche in Italia, come in Francia, oltre mille concorsi ogni anno, soltanto se la legge imporrà, per qualsiasi opera, il concorso di progettazione alle pubbliche amministrazioni, altrimenti sarà difficile ottenere uno sviluppo sostanziale dei bandi e tutto sarà demandato alle attività di persuasione nei contesti locali, da parte degli Ordini o di singoli programmatori. In molti casi sindaci e amministratori non hanno piena coscienza delle diverse procedure di gara e dei vantaggi nel ricorrere al concorso aperto, talvolta per convincerli basterebbe soltanto spiegare loro che possono risolvere velocemente e nel modo migliore i problemi della collettività ottenendo notevole visibilità politica ricercando la qualità attraverso un serio confronto di progetti. Una diffusa campagna nazionale di informazione su questo tema produrrebbe un immediato aumento dei bandi aprendo la strada verso la democratica diffusione per legge delle procedure concorsuali che potrebbero anche essere facilmente gestite on line.
Il secondo argomento è invece di carattere qualitativo.
Se anche Daniel Libeskind, di recente dichiara «penso sia necessario insistere anche sulla qualità delle giurie che non devono rappresentare solo categorie di interessi ma con esponenti della cultura a tutto campo devono riuscire ad apprezzare i contributi che possono essere di vera avanguardia» non ci possono essere dubbi sulla strada da seguire.
La sottile discriminante tra un ottimo e un pessimo concorso, come tutti sappiamo, è la giuria. Chi ha avuto occasione sia di vincere qualche competizione, sia di essere in giuria, conosce bene le delicate dinamiche che si sviluppano prima nella scelta dei componenti e successivamente durante la valutazione delle proposte. Se questo argomento è di qualche interesse mi riprometto di svilupparlo in un prossimo intervento per far comprendere, con esempi, equilibri e problematiche in gioco. In ogni caso la proposta di legge non mi sembra entri nel merito di questo decisivo argomento lasciando di fatto inalterata la situazione attuale dove tra i 5 giurati indicati dalla legge i membri interni alle amministrazioni hanno la priorità mentre si instaurano interpretazioni discordanti circa l’inclusione dei rappresentanti di Ordini professionali e Università.
E allora come orientarsi per la selezione delle commissioni?
La stazione appaltante deve sempre avere la libertà di scegliere in totale autonomia i migliori progettisti e critici, italiani o stranieri, assumendosi consapevolmente, attraverso quest’atto, sia la linea culturale che la piena responsabilità del fallimento o del successo del concorso. Compito fondamentale dell’advisor, oltre la programmazione, sarà anche quello di consigliare le amministrazioni virtuose nella selezione di giurati super partes ed esperti dei temi specifici. Tuttavia nei concorsi medio-piccoli, che costituiscono la maggioranza delle occasioni, con budget, premi e rimborsi non ricchi, i progettisti italiani più noti in genere non accettano di essere in giuria per non sottrarre tempo prezioso al lavoro.
Spiace sottolineare come la mancanza di generosità, verificata anche in occasioni simboliche o socialmente rilevanti, appaia un tratto comune a molti professionisti nostrani di successo. Allora meglio puntare sui giovani di talento e sui professionisti indipendenti con un adeguato curriculum specifico che dovrebbero sempre costituire la maggioranza della giuria. Molto aiuterebbero dei nomi disponibili on line ad esempio sul portale del Consiglio nazionale, dai quali poter attingere. Date per scontate la volontà e la capacità delle amministrazioni di gestire in trasparenza le pratiche concorsuali e le realizzazioni, tutto dunque dipende dal mix, dall’esperienza e dal valore umano e professionale dei tecnici che sceglieranno il progetto vincitore.
È questo il nodo per la ricerca delle soluzioni di vera avanguardia, di cui parla Libeskind, in grado di portare valore aggiunto alla nostre città e alle comunità locali rilanciando l’immagine opaca del nostro Paese.
Pubblicato originariamente su Progetti e Concorsi de IlSole24Ore, 9-14 maggio 2011